parole
Non riesco a trovare le parole.
E forse non dovrebbero essercene, di fronte a queste immagini.
Di fronte a derisione, scherno, godimento, giudizio supponente, o anche solo un dito puntato nei confronti di chi pacificamente manifesta per ciò in cui crede, quello che dovrebbe rappresentare la base di ogni cosa e di ogni essere: il diritto alla dignità, alla libertà ed al rispetto.
Il diritto ad essere ed esistere.
Esternati in modo pacifico, umile, con mani che si stringono, con un rosario tenuto stretto, con un ohm che nasce dal cuore.
Ho visto invece uno stato che soffoca una manifestazione pacifica con manganelli, idranti e lacrimogeni.
E l'ho visto tramite testimonianze dirette, di persone che si trovavano sul luogo, perché ormai la nostra tanto decantata civiltà tecnologica ci permette anche questo.
Ci permette di staccarci da quella che potrebbe essere una visione unica, filtrata forse da interessi, magari umani, troppo spesso economici o di convenienza sociale.
Perché ho sempre giudicato la curiosità, la voglia di approfondire e di non fermarsi alle apparenze un valore aggiunto di ogni persona.
Una persona vera, con un soffio di anima.
E' questo che ci rende esseri profondi, luminosi, in grado di evolverci, di crescere e non banali vite che si trascinano alzando poco più di una manciata di polvere nel corso di un'esistenza.
Ebbene, tutto ciò mi stringe il cuore e mi fa pensare che forse come specie abbiamo fallito.
Abbiamo fallito quando il vicino si rivolta contro il vicino, quando l'essere umano gode della sofferenza dell'essere umano.
Quando vengono emessi giudizi frettolosi e superficiali.
Quando non ci si fanno domande.
Quando si spegne una scintilla, che sia essa cuore, empatia, curiosità, fino ad un'essenza divina che credo pervada la Vita ma che è fin troppo semplice sopire.
Quando la prima reazione alla violenza ed al sopruso, a prescindere dalle idee che hanno spinto ad esse, è quella di accettazione prima, di giudizio emotivo sterile e di oblio a breve.
Quando un'altra vita viene consumata con poche parole su una tastiera, spesso cariche d'odio, e poi velocemente dimenticata, trincerati dietro un privilegio che dovrebbe essere un diritto, che ci siamo guadagnati forse troppo facilmente e superficialmente ora, quando quei diritti sono costati lacrime, battaglie e sangue, in un passato non troppo lontano.
Mi chiedo se soffro in quanto sono, perché se come specie semplicemente esistiamo, l'angoscia che sento, lo scoramento e la frustrazione, la tristezza profonda ed il dolore dell'anima che non riesce ad abbandonarmi, mi fanno sperare che come individui abbiamo ancora una speranza.
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