La recente storia della politica italiana ci ha abituato a cambi di casacca e voltafaccia spesso clamorosi e inaspettati, sia da parte di singoli parlamentari che di intere forze politiche.

Forse si tratta di una prassi irrinunciabile da parte della classe dirigente italiana le cui origini, secondo numerosi storici, risalgono addirittura al 1852, quando Cavour riuscì a far convergere i voti della componente di sinistra moderata nella sua maggioranza progressista per poter attuare le riforme che aveva in mente.

Anche nel corso della storia più recente abbiamo visto il PCI trasformarsi nel PD, il MSI diventare Alleanza Nazionale e solo per citare i casi più vistosi.

Insomma il "trasformismo" non è certo una novità per l'Italia. Tuttavia, c'è anche da considerare che il famoso "connubio" del 1852 fu il risultato di una sapiente opera di mediazione da parte del genio politico di Cavour, che la trasformazione del PCI in PD richiese quasi 15 anni e un processo assai travagliato di congressi, cambi di nome e di segretarie e, dall'altra parte, la mutazione del Movimento Sociale dovette passare attraverso il famoso congresso di Fiuggi in cui Gianfranco Fini avviò la trasformazione del partito in un forza di destra liberale, che portò il partito a cambiare nome, ad allearsi con Forza Italia e infine a convergere nel Popolo delle libertà.
Trasformismo, certo, ma almeno con i suoi tempi, con i suoi processi.

L'anno 2020 invece, oltre al Covid 19, alle paurose restrizioni delle libertà operate dal governo a colpi di dpcm, oltre alle innumerevoli task force relative a tutti gli ambiti più sensibili della vita del Paese, ci ha regalato anche quello che sembra il più repentino e imprevedibile cambio di rotta da parte di un partito politico, perlomeno nel corso della storia moderna.

Non basta dire che il M5S aveva tra i punti del proprio programma lo "smantellamento del MES" e che ieri ha concesso il via libera al Presidente del Consiglio per votarne la riforma in sede di Consiglio Europeo, non si tratta solo di questo.

Il M5S si era presentato alle urne con un programma organicamente fedele ai principi costituzionali e che lo impegnava a fare tutto il possibile per riportare l'Italia sul binario della propria sovranità economica e monetaria. Il voto di ieri, dunque, non rappresenta semplicemente il tradimento di un punto del proprio programma, ma un cambio di rotta rispetto a un approccio complessivo alla politica grazie al quale il movimento di Beppe Grillo, in pochi anni, aveva surclassato tutti gli altri partiti dell'arco politico italiano conquistando la mente e il cuore di tanti cittadini.

Se a ciò si aggiunge la veemenza con cui il movimento in questi anni si è attribuito il merito della coerenza e della fedeltà alle proprie idee,
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